Un viaggio fotografico è molto di più di un semplice viaggio, è un viaggio di luce e di tempo, alla continua ricerca della magia.
Perché ogni luogo ha un momento particolare in cui dà il meglio di sé. Ci sono momenti di luce assolutamente unici ed irripetibili, momenti che trasformano un bel posto in un posto memorabile, e che uno sia lì per contemplare con gli occhi, con l’anima o con una macchina fotografica, poco importa. Importa solo lo stupore di quel momento. Conta solo inseguire, scovare e catturare quella magia. Magari in un comune viaggio, o in una vacanza, si visitano i luoghi senza un ordine preciso o semplicemente perché sono uno dopo l’altro lungo la strada. In un viaggio fotografico, invece, tutto è gestito in modo da visitare i luoghi nel loro momento migliore. Essere al posto giusto ed al momento giusto è una vera sfida, ma è indispensabile se si vuole portare a casa il miglior ricordo possibile, e la miglior foto possibile.
E poi è indispensabile dare tempo ai luoghi. Non arrivare mai all’ultimo momento, non avere fretta di iniziare a girare o fotografare. Bisogna prima contemplare, odorare, e diventare un tutt’uno con l’ambiente, magari anche aspettare che il sole sorga o che il sole tramonti. Il segreto è addomesticare i luoghi che incontriamo, renderli nostri amici. È il tempo che abbiamo perduto per un certo luogo che rende quel luogo così importante.
– È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante –
– Da il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry –
Un viaggio fotografico, per come lo penso io, è quindi un viaggio programmato con largo anticipo e con grande cura. Io, di solito, per prima cosa studio il calendario e la situazione astronomica. In particolare le ore di alba e tramonto, il ciclo lunare, la via lattea, l’aurora e così via. Poi cerco di immaginare come sarà il meteo in quel periodo e nei posti chiave, e cosa le condizioni ambientali renderanno fattibile, se gli spostamenti saranno facili o meno, in che stato si troverà la vegetazione e di conseguenza i colori del paesaggio. Per ultimo, ed è il lavoro più grosso, dedico molta cura all’itinerario: ci sono dei luoghi assolutamente indispensabili, dei cardini su cui ruota tutto il viaggio. Questi luoghi speciali vanno visitati più volte ed in momenti diversi, perché normalmente i posti davvero belli sono anche mutevoli e si apprezzano in modo diverso col giorno e con la notte, con l’alba e col tramonto. E poi non si può accettare che uno, dopo aver attraversato il mondo, si perda la bellezza di un posto che magari si è tanto desiderato, perché si è arrivati tardi, perché è capitato un imprevisto stupido o magari perché sta piovendo come il giorno del giudizio. Per questi posti unici dobbiamo avere un’attenzione unica e avere pazienza finché loro non siano pronti per noi. Nei miei viaggi vedrete che spesso ci sono tappe ripetute, che più volte si attraversa una certa zona o si prevede di fare ripetutamente una certa cosa. L’idea è appunto quella di avere più chance da giocare quando il gioco si fa duro. La speranza è che anche nel caso peggiore, almeno un momento buono ci sia, almeno un frammento di magia si riesca a cogliere. Se invece va tutto bene, ci godremo di più e più a lungo quel determinato luogo, oppure punteremo su qualcosa di alternativo. Il rischio di annoiarsi comunque non c’è proprio.
La scelta dell’itinerario perfetto, quindi, dipende in ultima analisi dal tempo. È il tempo che fa la differenza tra un buon viaggio ed un cattivo viaggio. E il tempo di un viaggio è segnato soprattutto dagli spostamenti, che sono spesso tempi morti e fissi e che sottraggono tempo, appunto, a tutto il resto. Certamente con una corretta scelta dei posti dove pernottare si riducono molto questi tempi morti. Ma a me piace andare oltre e pensare che gli spostamenti possano diventare una risorsa ed essi stessi ricordo piacevole di un viaggio. Certe volte, quindi, conviene andare spediti per la strada più veloce (ad esempio chiudersi in un’autostrada tra due guard rail senza un orizzonte degno di questo nome, ma almeno arrivare in poco tempo a destinazione), ma molto più spesso conviene rallentare, fare strade alternative, attraversare zone magari secondarie ma bellissime e trasformare un tempo morto in un tempo vivo (ad esempio lasciare l’autostrada e percorrere la strada costiera). In ultima analisi, quindi, secondo me è meglio lasciare la fretta a casa, visitare qualche luogo in meno ma visitarlo bene. Tanto più che i viaggi fotografi sono sempre intensi per loro natura, si dorme poco e si gira tanto, sia di giorno che di notte. Ma i viaggi fotografici non possono diventare frenetici, fare le trottole non ha alcun senso.
Quindi per creare bene un viaggio fotografico ci vuole tanta esperienza e soprattutto bisogna conoscere il posto dove si sta andando. Ma per conoscere bene il posto dove si sta andando bisogna esserci stati. Così, come in uno di quei ragionamenti “per assurdo” dei filosofi greci, per sapere dove andare, bisogna andarci. Per questo io consiglio, per certe destinazioni, di appoggiarsi a qualcuno che quei luoghi li conosce davvero bene, che li ha addomesticati.
I fotografi sono quelli che normalmente sanno addomesticare meglio i posti, ed è sempre utile chiedere a loro, anche quando non si vuole un parere fotografico. I fotografi, infatti, anche se vedono in mondo richiuso in uno stretto rettangolo, sono quelli che conoscono meglio il territorio, perché, per loro natura, sfuggono dai sentieri più battuti, evitano la folla, cercano le vie secondarie, i punti rialzati, gli anfratti in cui intrufolarsi. I fotografi sono perennemente spinti dalla ricerca della foto perfetta o da quella che gli altri non hanno ancora fatto. Viaggiare con loro è uno spasso, perché tutto diventa sorpresa, esplorazione e novità, e sono sempre pieni di curiosità, aneddoti ed informazioni preziose.
Io mentre viaggio mi appunto un sacco di cose. Segno i pensieri e le sensazioni, registro le bellezze che incontro o gli imprevisti che supero. Parlo con il mio io del futuro e così in questi anni ho creato un mio personalissimo archivio. Un tesoro di luoghi in cui sono stato, e spesso ristato. Guardate ad esempio la mia mappa dell’ Islanda come appare nel mio Google. Vedete tutte quelle stelle? Sono i posti che ho deciso di conservare. Ma quelle non sono solo coordinate GPS, sono tempo, emozioni, freddo, imprevisti e certamente foto. Ad ognuna di quelle stelle è legato un ricordo, un episodio, un giudizio ed una persona. Adesso quando torno in Islanda viaggio unendo le stelle, torno cioè in quel posti che mi hanno emozionato, o in quelli che hanno ancora qualcosa da dire per me, oppure vado dove non ci sono affatto stelle, così da poterne aggiungerne di nuove. Voglio tornare da ogni viaggio con aneddoti ed emozioni nuove, e di conseguenza tante stelle nuove da appuntare.
Ho fatto molti viaggi in vita mia, davvero molti. Ho fatto tante vacanze e tanti viaggi fotografici. I viaggi fotografici sono quelli che mi hanno sempre dato il massimo appagamento, come persona, come esploratore, come fotografo. In un viaggio fotografico riesco a godermi meglio e più intensamente i posti, riesco a dimenticarmi lo stress, riesco a scattare le mie foto migliori. Un viaggio fotografico è lo scopo ultimo di ogni appassionato di fotografia, e piano piano diventa una necessità a cui non sappiamo rinunciare. Ma che si viaggi per fotografare o meno, un viaggio è sempre tempo ben speso. Si torna a casa appagati e soddisfatti, con il sorriso da parte a parte.