Mi chiamo Enrico Fulco, classe 1982. Sono fotografo prevalentemente naturalista e grande appassionato di viaggi.
Sono siciliano di origine ma vivo e lavoro a Torino dal 2017. La mia passione per la fotografia inizia con la prima compatta regalatami da mio padre, per la precisione una Nikon Zoom 600 AF a pellicola. Mi ci diverto molto ma è solo con la laurea conseguita nel 2011 e con i primi risparmi che mi posso permettere la mia prima reflex digitale. Comincio a studiare fotografia, con lo scopo di imparare a portare a casa qualcosa di più della semplice immagine, del ricordo di una gita o di una vacanza con gli amici.
Contestualmente allo studio dell’uso del mezzo fotografico cerco la mia dimensione “artistica” , esplorando diversi generi. Mi avvicino alla fotografia naturalistica quasi per caso, sempre attratto da ciò che si trova oltre le quattro mura domestiche e fuori dai confini di cemento della città. Mi trovo a mio agio quando sono lontano dal ritmo convulso della vita urbana, la fotocamera e lo zoom che appesantiscono lo zaino diventano una indispensabile aggiunta alle uscite in trekking o quelle in mountain bike.
Tra vent’anni sarai più deluso dalle cose che non avrai fatto che da quelle che avrai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna. Scopri.
– Mark Twain –
Il lavoro principale occupa sempre troppo tempo, e le passioni restano come soffocate. Per questo dal 2015 mi impongo di ritagliarmi delle occasioni per fare dei viaggi a scopo prettamente fotografico. Scelgo soprattutto posti in cui possa vedere paesaggi e fauna che non potrei osservare qui da noi. Questo desiderio mi porterà a toccare alcune delle zone naturalistiche più interessanti della Polonia, della Norvegia centrale, della Lapponia, e poi anche Scozia e Islanda. Da ognuno di questi posti porterò indietro delle fotografia a cui sono particolarmente affezionato e, soprattutto, i ricordi indelebili di ciò che raccontano: ricordi delle vicissitudini affrontate per arrivare in quel particolare luogo, del freddo patito nella neve per aspettare che gli animali si avvicinassero a portata di teleobiettivo, del buon libro letto dentro un minivan in Islanda aspettando che l’Aurora boreale si palesasse, lanciando ogni tanto uno sguardo fiducioso alle previsioni dell’attività solare.
Nel 2019 conosco Giovanni ad una delle sue serate di divulgazione sul Grande Nord in un locale di Torino, e poi mi aggrego ad una delle sue spedizioni. Mi ritrovo nel meraviglioso ed incontaminato Finnmark norvegese, nel pieno dell’inverno artico. Ci troviamo bene insieme, e da lì nasce una bella amicizia che ci porterà successivamente a questa collaborazione professionale nell’organizzazione di viaggi. Vista la mia passione e le mie competenze cerco sempre una chiave a tema foto-naturalistico in ogni itinerario che immaginiamo, e i territori del grande Nord europeo sono il cuore di questa strategia.
A questo proposito, per chi mi chiede, e capita spesso, il perché mi piaccia “soffrire” il freddo del Nord invece di muovermi verso lidi più caldi, o semplicemente non mi goda la mia bellissima regione d’origine, ho preparato questa considerazione. Il Nord Europa è una bellezza largamente incontaminata. È aspro, immenso e con un meteo che spesso non collabora alla buona riuscita di un programma di viaggio serrato, e questa incertezza latente lo rende affascinante perché non totalmente prevedibile. Anche solo attraversare quelle terre in macchina non sarà mai così scontato come pagare il biglietto per visitare un museo. Solo chi c’è stato e lo ha anche in minima parte esplorato, lontano dalle destinazioni più turistiche, può comprendere completamente il senso di avventura, di libertà e di contatto con l’ambiente naturale che ne deriva. Una volta che hai provato quelle sensazioni, ci torni. Una, dieci, cento volte. Perché lo stesso luogo cambia cambia continuamente, da un giorno all’altro, da una stagione all’altra, o passando dal sereno, alla pioggia, o con l’evolversi delle immancabili nuvole bianche. Vivere ogni momento come se fosse la prima. Questo è la fascinazione più grande.